Il diversity management è un valore aggiunto per le aziende

Diversity management:  insieme di politiche, pratiche e azioni che hanno l’obiettivo di valorizzare le diversità degli individui nelle organizzazioni e nei luoghi di lavoro.

Secondo un’indagine condotta dal Diversity Management Lab della SDA Bocconi School of Management a inizio 2015, tre imprese italiane su dieci non vogliono saperne di diversità in azienda. Eppure le aziende che promuovono  il diversity management, con l’inclusione delle categorie generalmente discriminate, vedono migliorati alcuni aspetti fondamentali della gestione aziendale: con ampliamento della capacità di orientamento al cliente, di soddisfazione dei dipendenti e  snellimento dei processi decisionali.
Lo scenario culturale e socio-economico, dagli anni ’80 in poi ha originato scenari sempre nuovi e di crescente complessità. In questo contesto nasce la necessità di rappresentare una realtà ricca di varietà e un mondo eterogeneo, elevando il valore della  diversità a metodo per creare una sinergia.

L’essere umano è esposto alla diversità ogni volta che deve interagire con altre persone.

E’ dalla relazione di uno o più individui, di una o più identità, che emergono le caratteristiche e gli attributi personali di ognuno.
Le differenze e diversità sono un patrimonio a cui le organizzazioni e le imprese hanno l’opportunità di attingere per creare valore e innovare. Per rimanere competitivi sul mercato, sempre più globale, è necessario attrezzarsi per capire quali sono i bisogni diversificati dei clienti e per trovare modi nuovi per soddisfarli. Tra le politiche di valorizzazione c’è quella dell’inclusione, la quale prevede il riconoscimento delle diversità individuali e la loro valorizzazione all’interno della collettività e delle aziende.
La creazione di un ambiente lavorativo inclusivo, in cui viene  favorita l’espressione del potenziale individuale, crea valore aggiunto all’azienda che diventa sostegno per il singolo stesso ed unica nelle sue peculiarità si rende più competitiva sul mercato. Un’ azienda che incoraggia la diversità riesce a costruire team più creativi.
In Italia si fa ancora fatica ad aprirsi a queste nuove politiche e ad ampliare gli orizzonti. Secondo le rilevazioni, solo il 21% di imprese hanno adottato pratiche di diversity management oggi in Italia, dato che non regge il confronto con con le statistiche internazionali, alcune delle quali registravano già dieci anni fa un tasso di adozione del 39,4% in Germania (2004) o addirittura del 48% nell’intera Unione Europea (2005). Le aziende più grandi sono quelle più sensibili al diversity management: dal 21% di adottanti si passa al 46% per le imprese con più di 1.000 dipendenti. Ma basta prendere in esame le politiche adottate da alcune aziende multinazionali, come Ikea e L’Oréal,  per capire quanto ci sia ancora da fare nel nostro Paese e quanto sia importante creare un sistema integrato, che possa garantire un incremento produttivo e risultati positivi in termini di out come operativi.

La società svedese Ikea ha posto in primo piano l’aspetto culturale e l’analisi delle barriere invisibili che impediscono l’ adozione di comportamenti e atteggiamenti favorevoli all’integrazione della diversità, gestendole al meglio e rendendole un punto di forza.
L’Oréal vanta una lunga esperienza in fatto di diversity management e ne parla come un’esigenza per evolvere nelle imprese. Essendo un’azienda leader nel settore della bellezza, non discriminare la diversità, sia per quanto riguarda i consumatori dei suoi prodotti, e anche nel modo in cui si deve pensare e lavorare sulla bellezza, che non esiste se mette insieme, uguali colori, uguali età, uguali origini.

 

Da cosa si vede la differenza tra un’azienda che si avvale del diversity management e chi non lo realizza? Da rendimento e produttività.

A confermarlo è uno studio Mckinsey , società internazionale di consulenza manageriale, che rivela quanto la mescolanza paghi . E’ la diversità in tutte le sue forme ad avere effetti benefici sulle aziende. Su 366 realtà analizzate da Mckinsey, i dati rivelano che quelle con i board formati prevalentemente da donne l’efficienza è migliore del 25%. Per ogni 10% in più di presenza femminile in azienda, la redditività sale dello 0,3%. «Nessuno deve sentirsi escluso» ha commentato Lars Petersson, amministratore delegato di Ikea in Italia. «Noi abbiamo cominciato con la lotta alle discriminazioni di genere, poi ci siamo occupati di quelle verso le persone omosessuali e adesso sarà la volta di etnia e di età. Da noi in Italia le donne in azienda sono il 58,6% e nelle posizioni manageriali superano il 41». Basta dare un’occhiata al fatturato Ikea per accantonare ogni opposizione! 

“Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso
che dobbiamo guardare le cose sempre da angolazioni diverse”
Robin Williams in “L’attimo fuggente” di Peter Weir.