Una mail di collaborazione? Come (non) scriverla, per influencer alle prime armi

Come (non scrivere) una mail di collaborazione.
Com’è nata l’idea per questo post?

Da qualche tempo gestiamo la vita social di un’azienda di distribuzione che si occupa in gran parte d’abbigliamento e attraverso i profili aziendali ci sono giunte diverse richieste di collaborazione, principalmente rivolte a testare prodotti in cambio di una più o meno rilevante visibilità.
Niente di nuovo sotto il sole. Con l’avvento dei social network e lo sbarco di grandi e piccoli marchi online, la pubblicità è diventata trasversale. Sono nate numerose figure di promotori integrati all’azienda o che vi si affiancavano per una collaborazione esterna. E’ il caso dei social influencer.

In brevissimo: chi sono gli influencer e come possono essere utili a un’azienda

Un influencer è un utente con tanti, tanti, ma tanti seguaci (uno “serio” ne ha migliaia) che si trovano sparsi sulle diverse piattaforme social:

Le visualizzazioni dei suoi contenuti sono generalmente sbalorditive, foto e video vengono viste, condivise e commentate da una pletora di fan (e anche detrattori!). Insomma fa un gran rumore attorno alla sua figura, che in genere è stata costruita sapientemente da esperti di marketing e ha reso la persona un “marchio” per affidabilità e interesse. Non si tratta di personaggi dello spettacolo, di VIP, ma vista la diffusione e l’accesso sempre più grande al web lo sono diventati con gli anni. Rimanendo nel settore “fashion” è impossibile non citare il caso italiano di Chiara Ferragni: icona di stile, trendwatcher, web influencer e chi più ne ha più ne metta. Quindi, è facile giungere alla conclusione che un influencer può aiutare un’azienda ad acquisire visibilità attraverso canali di marketing non istituzionali (e spesso mille volte più efficaci).

Caro influencer, quanto mi costi?

Fin qui sembra tutto molto bello: promozione attraverso figure che hanno un notevole appeal, fiducia a catena, condivisioni, likes… Se vi gira la testa per tutte le opportunità immaginate è normale! Ma non è mica così semplice entrare nelle grazie degli influencer più quotati, anche perché il loro appoggio non è a titolo gratuito. E non è una notizia che ormai può crear scandalo. E’ business e più si va in alto, più deve essere pesante il portafoglio.
Qui un articolo di Panorama sull’argomento “Social Influencer: chi sono e quanto costano” .
Scendendo con i piedi per terra, dunque, facciamo i conti con la realtà di una piccola e media azienda. Seguiamo sempre in questo caso il settore fashion/abbigliamento. Sull’articolo “Quanto possiamo fidarci degli influencer” (aprile 2016) su Wired leggiamo:

Sia chiaro: non tutti coloro che si definiscono (o sono percepiti come) influencer sono degli arrivisti pronti a tutto pur di sbarcare il lunario parlando bene di questo programma o di quel prodotto. C’è anche chi lo fa spontaneamente, per partecipare alle conversazioni trending del momento. Esiste peraltro un’enorme zona grigia, in cui è spesso difficile capire se chi posta un tweet o fotografa su Instagram uno specifico prodotto è spinto da una reale partecipazione o da interessi più venali.

Adesso arriviamo al cuore del post: la mail di collaborazione totalmente errata.

Arrivano le mail di collaborazione, ma ci fanno storcere il naso

collaborazione social influencerLe mail con richiesta di collaborazione che ci sono giunte per l’azienda per la quale Stratega sta curando l’aspetto social sono arrivate tramite Instagram. Più o meno il tenore delle mail era sempre lo stesso: grande interesse per il brand, disponibilità a  pubblicare foto con link al brand, link al proprio profilo instagram per valutare il possibile “collaboratore”.
Però quanti errori di comunicazione  al loro interno! Una persona che si proponga come testimonial di un’azienda sui social quanto meno deve trasmetterci immediatamente fiducia. I diversi casi riscontrati nelle mail:

  • Niente oggetto, è un caso se non finiscano in SPAM;
  • Sono state inviate a diversi brand, sono spersonalizzate e contengono riferimenti che non corrispondono alla natura della nostra azienda;
  • Non solo sono state inviate a diversi brand, ma i destinatari non sono stati inseriti in copia nascosta e possiamo vedere a quanti altri sono state inoltrate;
  • Sono presenti errori ortografici facilmente correggibili, sintomo di una preparazione frettolosa e senza alcuna cura;
  • Fanno riferimento a un sito internet del brand, che ancora non è attivo;
  • Fanno riferimento a quanto “adorino” il brand, ma tutto lascia presagire che non sappiano di cosa si parli. Esempio: la loro collocazione geografica e l’impossibilità di far acquisti presso gli stores indicati.

Si potrebbe continuare ancora molto nell’indicare le cose che non vanno. Questi sono piccoli accorgimenti da seguire per proporsi. Una cattiva presentazione dà l’impressione di avere a che fare con una persona sprovveduta. Una cattiva presentazione toglie credibilità e  compromette la possibilità di qualunque tipo di collaborazione.

Lo staff di Stratega rimane a disposizione per consigli e dritte!